sabato 5 febbraio 2011

NEW YORK 1966

NEW YORK 1966
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=62644

Il lik qui sopra, vi rimanda al primo libro che ho pubbilicato sul sito ilmiolibro.it. New York 1966 nasce nell'oramai lontano 2003 come racconto breve. Voleva dapprima essere un racconto horror nel quale un maniaco proveniente dal mondo degli inferi (quindi una creatura non umana), seminava il terrore nel territorio newyorkese. Qualche anno dopo, decisi di ampliare la trama trasformandolo poco a poco in un thriller con tanto di detective. Il maniaco l'ho umanizzato un pochino di più anche se intorno a lui, l'alone di mistero rimane. In questo libro, gioca molto l'ambientazione: immaginate la città di New York che vedevate nei telefilm degli anni sessanta. La città, d'inverno, fredda, grigia, con tutti quei palazzoni alti e squadrati; le tipiche macchine americane, viste e riviste milioni di volte, grandi, con i cofani enormi, basse, piene di spigoli. Ora immaginate il caos di una strada principale, la gente frenetica, la vita.
Poco fuori città, dove l'erba e qualche albero iniziano a sostituire l'asfalto e i palazzi vengono sostituiti da delle villette, vi è un laghetto, dove d'inverno le coppie e le famiglie si divertono a pattinarci sopra. Poco più in là, una strada sterrata, un viottolo, si perde all'interno di un boschetto adiacente al laghetto. Da qui nasce colui che seminerà panico e morte per il resto del libro.
Jack Eagle, è il detective che dovrà scovare il maniaco e cercare di fermarlo. Tipo tosto e burbero ma con un cuore tenero, Jack cercherà in tutti i modi di capire i piani malsani del maniaco. La cosa non sarà semplice e quando il pazzo toccherà le corde del cuore di Jack rapendo la persona a cui il detective tiene di più, i piani salteranno e sarà guerra aperta.
Sotto vi do un estratto del libro.
Buona lettura.


Era una fredda mattina di inverno. I rami secchi degli alberi sembravano tanti coltelli pronti a pugnalare un cielo bianco come la neve. La colonnina di mercurio segnava meno dieci ed il laghetto ghiacciato come ogni mattina, avrebbe molto presto ospitato centinaia di pattinatori, dai dilettanti a quelli più esperti, mossi dalla voglia di divertirsi nonostante il vento gelido che stava iniziando a spirare.       
Non aveva nevicato. Quell’inverno del 1966 non aveva visto nemmeno un fiocco ed il fenomeno era abbastanza strano.    
La stradina che contornava il laghetto, ad un certo punto si diramava a destra, dove c’era un fitto boschetto. Un chilometro ed il viottolo si interrompeva per far spazio ad un piccolo cimitero ormai abbandonato.
È da li che nacque.
Non era un fantasma, né uno zombie. Era un uomo. Antico custode dei segreti umani, delle paure più recondite, colui al quale il Diavolo aveva strappato quello che distingue gli uomini dai morti: l’anima.      
La figura si aggirava per il cimitero, contornando il perimetro più e più volte; osservava la terra smossa per compiere quello che lui chiamava “il pasto degli inferi“. Nella sua mente degustava ancora una volta le carni putrescenti delle anime che erano state strappate dalla vita con una furia irrefrenabile. Immaginava i corpi delle vittime che presto avrebbero occupato di nuovo quei sepolcri. Era tempo ormai di rinvigorire nuovamente con il sangue il terreno rimasto per troppo tempo arido.
Erano le dieci del mattino ed un pallido sole illuminava la scena aldilà del boschetto. Il lago ghiacciato stava iniziando a popolarsi e ben presto le urla e le risate iniziarono ad arrivare alle sue orecchie. L’oscura figura sorrise scoprendo una fila di denti aguzzi ed ingialliti dal tempo.
Iniziò a percorrere il viottolo.
Dalle tenebre del boschetto affiorò il suo corpo, rigido come una statua, freddo come il ghiaccio. Vide un bambino piangere e non provò nulla. Come quando da bambino aveva rinchiuso i suoi genitori nella angusta cantina.
Quando l’aveva riaperta, due mesi dopo, sentiva ancora le loro anime aggirarsi e gridare, pregandolo di farli uscire.
Li aveva fatti morire di fame e di sete, così, senza pietà alcuna e durante il periodo di quella tortura, la  notte li sentiva urlare; ed egli sorrideva con la bocca appoggiata al cuscino, soffocando risate demoniache.
Aveva architettato l’omicidio con estrema efferatezza, guidato da una forza e da un intelligenza fuori dal comune per un bambino di sette anni. La potenza del Signore delle tenebre. Colui che sembrava gli avesse strappato l’anima e con essa anche tutti i sentimenti che un essere umano deve possedere. La polizia brancolò nel buio per settimane intere. “Trovati due corpi in decomposizione nella cantina di una casa. Si tratta di due coniugi - il signore e la signora Curl - nessuna traccia del loro figlioletto di sette anni” scriveva il New York Times.
Vennero organizzate fiaccolate perché si sparse la notizia che il piccolo fosse stato rapito, e per molto tempo questa ipotesi risultò essere la più logica. La città visse nel terrore per alcuni giorni convinta che nei dintorni si aggirasse un maniaco.
Ma dopo un pò la gente dimenticò.
Fino ad ora.
Si avvicinò al bambino, che lo guardò un po’ impaurito: 
<<Chi sei?>>     
<<Ti porto da tua madre>>.  
La frase gelida come la morte, fece comunque sorridere il bimbo che con gli occhioni blu ancora pieni di lacrime, gli porse la manina speranzosa. Mentre camminavano lungo il viottolo osservava i capelli biondi del bambino che fluttuavano come le onde del mare sotto una leggera brezza. Sentiva la madre che lo chiamava disperata; con voce sempre più ansiosa correva per il lago chiedendo ai passanti se avessero visto un bimbo poco più basso di un metro, biondo con gli occhi blu.
E lui sorrideva, sicuro che ormai quel piccino innocente sarebbe stato nelle sue mani.
Il cranio del piccolo si aprì dopo il primo urto con quella che sarebbe divenuta la sua lapide. I suoi occhi sbarrati e senza vita non avrebbero mi più incontrato quelli della madre.     
Sembrava un pupazzo in balia della furia omicida del maniaco, che, non soddisfatto, ancora inveì sul povero corpo del piccolo.
Lo lasciò lì, disteso nella lapide che aveva predisposto per lui. Il sangue colava dal marmo finendo in terra dove giaceva il corpo del bambino.
Mangiò le sue interiora, e mentre portava a termine il suo scempio, vide il fantasma del bambino lì, appoggiato ad un albero, che lo osservava. Lui lo guardò con gli occhi di un folle. Una voce uscì dalla bocca del piccolo spettro:
<<La mamma mi cercava!>>
E scomparve.

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